giovedì 31 maggio 2012

Terremoto previsto in Calabria e Sicilia

ROMA. Il primo marzo scorso era stato diramato un allarme per un possibile terremoto nel nord Italia. Era stato stimato un movimento del terreno di magnitudo maggiore del 5,4 in una area vasta, non ben definita. Così come non era stato definito il giorno preciso.
«La Commissione Grandi Rischi sapeva, ne abbiamo parlato il 4 maggio», racconta il professore Alessandro Martelli, direttore del Centro Enea di Bologna. 

Martelli fa parte di un gruppo di studiosi internazionali che sostiene di aver previsto il sisma della settimana scorsa in Emilia Romagna. La questione si ripete ciclicamente quando la penisola viene colpita da un terremoto: è possibile prevedere le scosse? La scienza ufficiale dice di no, è impossibile, e anche in passato non ha nascosto la propria irritazione per chi diramava allerte e «procurava allarme». 
Come ha dichiarato anche a Rai News, adesso il professore è preoccupato «per il Sud Italia - dice -, Sicilia e Calabria in particolare. Ci sono tre diversi algoritmi di previsione, due elaborati da esperti nazionali e uno da sismologi russi, concordi nel prevedere un forte evento sismico in questa zona, in un arco di tempo che va da pochi mesi ad un anno, forse anche due».
Ci sono dei “cosiddetti” strumenti di previsione che sono fatti in diversi Paesi, in Italia li fa l’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) e l’Università di Trieste. Ma dopo le affermazioni di Martelli dei giorni scorsi proprio il centro internazionale di Fisica Teorica di Trieste ha emanato un comunicato stampa in cui ribadisce: «non è possibile, oggi, di prevedere la data, l'epicentro e l'intensità dei terremoti».
Il direttore del centro Enea va per la sua strada, sicuro, senza timori di essere smentito: ammette che gli strumenti a sua disposizione non sono in grado di permettere evacuazioni o cose simili, ma sono utili per verificare lo stato di sicurezza di strutture importanti, per organizzare la protezione civile e la popolazione. Si tratta di metodologie in fase di sviluppo avanzato ma che non sono ancora ben accette, ribadisce.
Martelli le definisce «metodologie sperimentali» e spiega che si basano su due algoritmi che registrano gli eventi minori e producono una previsione per un terremoto più violento. Un metodo, dice la scienza ufficiale, che presenta alcune carenze e che non è ancora ben accetto dalla comunità scientifica internazionale.
Gli allarmi non vengono divulgati alla popolazione ma comunicati ad un gruppo di esperti nazionali. E anche in questo caso è successo così: «nella Commissione Grandi Rischi si sapeva, ne abbiamo propria parlato il 4 maggio». Il professore, però, non azzarda ipotesi su quello che potrebbe accadere nelle prossime ore sempre in Emilia: «ha ragione Gabrielli (Capo del Dipartimento della Protezione Civile, ndr) che bisogna attendere e stare attenti. Ci potrebbero essere solo scosse di assestamento come scosse più forti. Non occorre arrivare a conclusioni senza avere tutti gli elementi».
«ORA RISCHIA IL SUD»
Martelli spiega poi in una intervista a Meteoweb, che l’allarme per il sud «è molto più grave perchè c’è da più tempo ed è il risultato di studi incrociati che dicono tutti la stessa cosa». L’algoritmo Italiano individua il rischio nell’area del sud, che va dalla Campania in giù, ma alcuni prestigiosi centri di calcolo di altri Paesi concentrano il rischio tra Calabria e Sicilia, quindi all’estremo sud.
Che Calabria e Sicilia siano due Regioni ad altissimo rischio sismico è noto a tutti da tempo, così come il fatto che da moltissimi decenni in quest’area non si verificano scosse forti, come quelle che ne hanno segnato la storia millenaria. Ma adesso che la scienza dice che un nuovo forte sisma può essere imminente, cosa si può fare per limitare i danni?
«Certamente non si può evacuare per due anni tutto il sud: non sappiamo dove di preciso sarà la scossa, nè quando si verificherà con esattezza. Ma sappiamo che ci sarà. Si possono certamente fare interventi importanti a limitarne i danni, le conseguenze sul territorio e sulle città. Ma non è una scelta scientifica, noi ci limitiamo a fornire alle autorità competenti le informazioni a disposizione, poi sono loro a decidere cosa fare».
«Le previsioni a breve termine lasciano tantissimi dubbi», spiega invece al Corriere della Sera il direttore dell’Osservatorio Vesuviano Marcello Martini. «Le variabili sono tante, non riusciamo a fare previsioni che possano essere utili ai fini di evacuazioni preventive. Se qualcuno fa un discorso generale, già sappiamo che il Sud è un’area ad alto rischio sismico. Se dicessimo che potrebbe esserci un terremoto, in futuro, di grande intensità è una cosa nota. Cosa diversa è dire che nel prossimo anno, o nei prossimi due, avremmo un evento di questo genere». 
Insomma da una parte studiosi isolati che si spingono un passo avanti, dall'altra le istituzioni che stanno un passo indietro. Se è vero che ci sono questi strumenti per quanto sperimentali e generici perchè non utilizzarli al meglio per cercare di evitare danni e vittime? 










Roma - L’ultima "previsione" in fatto di terremoti arriva dall’Enea di Bologna: "A breve, tra la Calabria e la Sicilia, potrebbe verificarsi un sisma distruttivo, di magnitudo 7,5", ha detto Alessandro Martelli, presidente del centro ricerche Enea di Bologna, ovvero l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Un’autorità scientifica insomma. 

Martelli prima specifica: "Un terremoto catastrofico, molto più forte di quello dell’Emilia di questi giorni o dell’Aquila, potrebbe colpire e distruggere il Sud Italia, nei prossimi mesi o entro due anni". Poi torna parzialmente sui suoi passi ai microfoni di RaiNews24 "scosse di queste intensità non sono prevedibili".

L'allarmismo non viene condiviso dall’Ingv, ovvero la massima autorità in fatto di terremoti. Il presidente Stefano Gresta ha commentato: "Si sta facendo allarmismo, e in qualche modo anche terrorismo approfittando dell’emotività del momento per fare pressione e accaparrarsi qualche centinaio di milioni di euro per la prevenzione sismica". 

"Sappiamo che la Sicilia orientale è ad alto rischio sismico - ha continuato l'esperto - ma lo sappiamo non perché ora sarebbe stato messo a punto un esperimento scientifico, ma da quello che ci dice la storia. Le previsioni attualmente hanno un margine di errore e di incertezza troppo ampio per poter essere utilizzate nella pratica. E chi ha fatto quelle previsioni non ha detto quanti falsi allarmi ha generato negli anni quello strumento, quante volte è stato previsto un evento che poi non si è verificato. E che facciamo, spostiamo milioni di persone per due anni e blocchiamo mezza Italia per un evento che magari poi non si verificherà?".

L’Ingv sta sperimentando un algoritmo di previsione che, riguardo l’Emilia, dà con una certa probabilità un terremoto di magnitudo superiore a 4 o a 5.5: "Vi posso dire che nelle prossime 24 ore c’è il 28% di probabilità per un sisma di magnitudo 4 e l’1% per la magnitudo 5.5, ma si tratta solo di probabilità. E noi adesso daremo ogni giorno questi dati alla Protezione civile".

Fin qui, il dibattito scientifico. Ma l’argomento "terremoto in Calabria" ha interessato il web, dove ci si imbatte in profezie di ogni sorta. C’è addirittura chi dà date precise ispirandosi alle teorie di Raffaele Bendandi, noto profeta di terremoti mai riconosciuto dalla comunità scientifica: il 3-4-5-6 giugno Calabria e Sicilia rischiano a causa del transito di Venere davanti al Sole.



Fonti: 
http://agrigento.blogsicilia.it/terremoto-in-sicilia-avrebbe-effetti-piu-gravi/88941/
http://www.primadanoi.it/news/527248/%C2%ABAvevamo-previsto-il-terremoto-in-Emilia-Grandi-Rischi-informata%C2%BB.html









Milano - Cape Town in Harley Davidson, Roberto Parodi e il suo Road King


Laureato in ingegneria meccanica, è noto nell’ambiente motociclistico e custom, oltre che per i suoi libri ed articoli, per aver compiuto raid e viaggi "overland" con moto Harley-Davidson. Nel 2005 ha attraversato Albania e Bosnia raggiungendo l'enclave musulmana di Srebrenica dopo il massacro operato dai Serbo-Bosniaci di Mladic e Karadzic. Dall'intervista effettuata ai sopravvissuti è stato tratto un documento premiato dal Consiglio Regionale del Piemonte. Nello stesso anno, raggiunge l'oasi di Ksar-Ghilane nel Sahara tunisino seguendo la vecchia pista della pipeline, su una Harley da strada. Nel 2007 raggiunge Dakar da Milano, attraversando Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania e Senegal. Nel 2009 ha effettuato un raid da Milano a Nuova Delhi in India percorrendo 7853 km e attraversando le zone tribali del Pakistan (Waziristan), in 14 giorni, su una Harley-Davidson FLHR 1340 cc. Nessun'altra moto da strada ha raggiunto Nuova Delhi in un tempo più breve. Nello stesso anno ha raggiunto Tamanrasset (Algeria) attraversando il deserto del Sahara e salendo sul monte Assekrem (2728 metri, sul massiccio dell'Hoggar), percorrendo 5000 km sulla pista transahariana con una Harley-Davidson FLHR di serie. Nessuna altra moto da strada ha mai effettuato tale viaggio. Nel 2012, sempre a bordo della sua Harley-Davidson Road King, ha completato la Transafrica, partendo da Milano e giungendo a Città' del Capo (Sud Africa) 36 giorni dopo. Nel corso della traversata del continente, ha attraversato la Libia, prima motocicletta straniera ad effettuare questo viaggio dopo la caduta del regime di Gheddafi. La struttura del viaggio (14770 km) è stata: Tunisia, Libia, Egitto, Sudan, Etiopia, Kenya, Tanzania, Zambia, Botswana, Namibia, Sud Africa. Per aver compiuto questi "raid" e viaggi "overland" è stato spesso ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche (Le invasioni barbariche, TG5, Deejay chiama Italia  Pomeriggio sul 2 e su diversi canali SKY). Le recensioni dei libri di Roberto Parodi e i report dei suoi viaggi, compaiono sui principali periodici del settore tra cui: Motociclismo, Corriere Motori, Mototurismo, GQ, Il Giornale, Low Ride Magazine, Motociclismo d'Epoca e Vanity Fair. Come giornalista ha collaborato con: Motociclismo, Riders, Giudizio Universale, Freeway Magazine e Low Ride Magazine, su cui ha tenuto e tiene rubriche e scrive report di viaggi. Ha collaborato con Beppe Severgnini, pubblicando sul sito del Corriere della Sera, profili ironici di personaggi milanesi, con lo pseudonimo di "Cattivo Tobia". È sposato e ha tre figli, Pietro, Vittorio e Fiammetta.


Milano – Cape Town
(Marzo – Aprile 2012)
14 770 km, e 36 giorni



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SUL TRAGHETTO GENOVA-TUNISI
1o marzo 2012
Siamo sul traghetto Genova – Tunisi, è pomeriggio inoltrato.
Su questo traghetto capisci che quest’Africa e’ ancora quella legata a doppio filo con l’Europa.
L’Africa degli emigranti, di gente che ormai si sente a meta’ italiana, tedesca o francese. Un po’ come noi, ora: apolidi del viaggio, uomini senza patria, legati alla nostra moto e ad un obiettivo, arrivare fino in fondo.

TUNISIA
11 marzo 2012, undici di sera
Grande corsa senza fermarci, da Tunisi sul litorale.
Freddo nero per farci 500 km di notte e arrivare quasi a mezzanotte a MEDENINE, a 130 km dal confine libico.
ARRIVATI IN LIBIA
12 marzo 2012
Entriamo in Libia accolti da un soldato ubriaco che prima di tutto ci chiede se abbiamo liquori per lui: Si, come se una bella bottiglia di Jack Daniels fosse la prima cosa che ci portiamo dietro entrando in un paese islamico (o ex islamico). E’ una bella mattina assolata, ma sempre fresca.
Qui sembrano tutti felicissimi di vederci. Tranne i carriarmati distrutti e le buche delle bombe sembra tutto normale. Nella terra di nessuno tra Tunisia e Libia, ci ha attraversato un gatto nero. Ma noi ci siamo fermati ed abbiamo fatto passare un ciccione libico.
Dopo che l’abbiamo sfanculato alla grande, il tipo ubriaco si rivela essere …. il capo della dogana e gli dobbiamo chiedere il timbro sul passaporto, cosa che lui fa senza battere ciglio e riprendono le sue richieste di vini, cocktail e liquori.  Procendiamo oltri il confine.  Non si può dire che questa sia stata un’impressione molto positiva, ma la prima, si sa è sempre sbagliata: la seconda invece è molto diversa….
ore 20:00
Dormiamo a Sirte, luogo estremo di difesa dei lealisti di Gheddafi.
Il nostro hotel è bucherellato dalle mitragliate e ci sono un bel po’ di carri armati libici distrutti lungo la strada.
Ceniamo da soli in una sala immensa.  E’ tutto piuttosto triste.
Nella notte in effetti ho qualche pensiero: magari sento bussare qualcuno alla porta, e mi entrano in stanza un po’ di lealisti di Gheddafi e… Vabbè lasciamo perdere!
IN LIBIA SENZA BENZINA…
13 marzo 2012
Dopo aver attraversato il tratto di strada dove hanno ucciso Geddafi, procediamo verso est.
Panino all’uovo e pomodoro. Tra Sirte e Bengasi. Non si sa mai se un cibo è davvero buono o solo perche lo mangi qui, affamato da ieri.
Tempesta di sabbia, vento da nord sulla sinistra.
Militari ci chiedono passaporto ogni volta, ma noi ridiamo, facciamo ok. Ok. Free Libia! E ce ne andiamo senza mostrarlo!
Abbiamo ancora 400 fino a Tobruck, da fare stasera. Tagliamo il deserto, abbiamo abbandonato la litoranea.
Purtroppo, come due merli, ci dimentichiamo di fare benzina all’uscita di Sirte e rimaniamo a secco dopo poco. Un gruppo di militari ribelli ci ha dato una loro tanica, e poi visto che non bastava hanno fermato una macchina e gli hanno fatto ciucciare fuori col tubo, altri sei litri. Viva la Libia!
TOBRUCK
14 marzo 2012
Libia: oggi tempesta di sabbia da Sirte fino a Tobruck. Arriviamo ancora una volta al buio e sotto una pioggia freddissima.
Nella topaia dove dormiamo non c’è doccia calda. Sabbia e pioggia nel filtro aria: la moto tossisce, ha bisogno anche lei di una sistemata.
Domani Egitto inshallah!
ECCO L’EGITTO!
15 marzo 2012
Siamo in Egitto! Ma fa ancora freddino. L’ammortizzatore anteriore perde olio. E’ esploso il paraolio in una buca della litoranea, ma procediamo lo stesso.
Ho pulito filtro aria intoppato da sabbia. Siamo nel girone infernale burocrazia dogana egiziana. Ci succhiano 300 dollari per passare la dogana questi parassiti della burocrazia. Ci tocca pagare per non perdere una giornata o due.  Abbiamo l’appuntamento con il battello ad Aswan e ogni giorno è prezioso.
A malincuore abbiamo detto addio alla Libia. Grande paese e grande popolo. Siamo stati bene e spero che questa gente ce la faccia, come si meriterebbe dopo decenni di dittatura. Siamo passati sulla strada fuori Sirte dove hanno ucciso Gheddafi.
Penso che la mia harley e la Bmw del Maestri siano le prime a passare li sopra. In bocca al lupo ragazzi!
La dogana egiziana sembra inventata da Kafka con un pizzico di corruzione sudamericana. In mezzo ci siamo noi ed in particolare io che, in queste occasioni, mi ribello. Il ritmo africano non ci ha ancora preso, forse perche’ dobbiamo arrivare ad Assuan entro sabato e quindi dobbiamo correre.
Riserviamo il fatalismo africano per il Sudan.
TANTO PER COMPLICARE LE COSE, CI DANNO PURE DUE TARGHE EGIZIANE DA METTERE SULLE NOSTRE.  VALLI A CAPIRE.
EL ALAMEIN e IL CAIRO
16 marzo 2012
Oggi 850 km, supertappa. Dal freddo mediterraneo di Marsa Matruh siamo arrivati ad Asyut in mezzo all’Egitto. Da citare sul libro di bordo: toccante visita al sacrario italiano di El Alamein (“Mancò la fortuna non il valore”), piramidi e sfinge al Cairo (traffico, polvere e caldo, ma accidenti come sono grosse!)
Incidente: mi investe un carretto trainato da cavallo che tampona la vecchia harley distruggendo la mia preziosa borsa di cuoio con gli attrezzi e i ricambi che volavano ovunque. Per fortuna un ciabattino con un grosso ago me l’ha ricucita per strada in 5 minuti. “Non voglio niente, incidente no colpa tua. Io riparo gratis” si ma mica eri tu sul carretto. “Non importa, io aggiusto gratis per amico italiano”. Viva l’Egitto direi.
In serata festa di matrimonio cattolico in hotel. Ciccione egiziane alle prese con Danza Koduro.
A domani, verso Luxor.
ASWAN
17 marzo 2012
African twitter: siamo nel girone infernale della burocrazia di Assuan per sbrigare pratiche delle moto, per passare (chissà quando) in Sudan. In un fatiscente ufficio di polizia, ci passa davanti un poliziotto con un ragazzino ammanettato.  Noi lo guardiamo, lui ci riconosce e in  italiano ci dice “ amico italiano, come stai?  Polizia fottuta!” Di fronte al poliziotto che ovviamente non capisce l’italiano!
Scena super comica, ma in fondo capiamo che c’è sempre qualcuno messo peggio di te…
L’AFRICA
17 marzo 2012
Ho capito cosa ti mette davvero alla prova dell’Africa: le attese. Qui tutto è incertezza, imprecisione, errore. E quando, di fronte al problema, intravedi la soluzione, essa è impraticabile per mille cavilli burocratici o per inspiegabili assenze.
Da ieri siamo fermi ad Aswan e nessuno sa dirci quando partirà il traghetto per il Sudan. Il dubbio è che ci possano essere altre soluzioni, ma ogni strada sembra impossibile per qualche motivo. Abbiamo scoperto che c’è un altra barca che attraversa il lago, ma ci vuole un permesso di polizia per arrivarci. Un poliziotto sembra volerci aiutare ma non siamo molto speranzosi.
BLOCCATI SUL TROPICO DEL CANCRO
18 marzo 2012
E’ inutile, ogni volta ci ricasco. Quando mi ritrovo in una situazione che non è sotto il mio controllo, vado in sbattimento. Se c’è una cosa che veramente invidio, beh quella è la capacità di aspettare tranquillamente gli eventi. Qualità particolarmente  diffusa in Africa.
Io invece no: mi dicono che non c’è il traghetto? Non esiste. Non lo accetto.
E allora parto: cerco soluzioni alternative, parlo con chiunque, consulto google maps per trovare varchi meno battuti per il Sudan. Passo ore con militari, transiteur, fixers, agenti di viaggio, sfaccendati e fannulloni. E mi ci rompo la testa sopra. Studio  soluzioni che sembrano funzionare per mezza giornata e poi crollano.
Sono fatto così.
Il Maestri è più tranquillo direi tendente all imperturbabile: un ottimo  compagno in questo frangente, ma probabilmente sono riuscito ad incasinare anche lui.
Sono lezioni di vita che non dovrei perdere: esperienze, nel senso di “esperienza” intesa come ” quando qualcosa non va come speri”. Certo, mi piacerebbe che un po’ di Africa mi si attaccasse  addosso e non si staccasse più, ma ormai ho i miei anni e sono quasi da bocciofila. Non cambierò molto facilemente.
Mio figlio Pietro al telefono stasera mi diceva che tutti vedono l’Africa come un posto iper rilassato, ma allora non è vero, se ci si incasina come te, papà! Ha ragione. E il motivo è che io cerco di portare in Africa qualcosa che di meno africano e non si può: il nostro raid, che per romantico e old fashion che sia, è fatto di chilometri, tappe, velocità, mete. Roba da europei.
E allora lasciamo che tutto cambi ritmo. Come farebbe Scheggia.
Lunedì ci danno gli stramaledetti biglietti del traghetto: vediamo.
Oggi intanto abbiamo visitato il tempio di Abu Simbel, un vero spettacolo. Statue monoliti alte venti metri in roccia gialla: gli Egizi erano veramente cazzuti. Anche se oggi, a guidare i traghetti, sono una chiavica.
INSHALLAH
19 marzo 2012
E come a volte capita, all’improvviso le cose si aggiustano. Da noi li chiamiamo colpi di fortuna, alcuni li chiamano miracoli, qui in Africa si limitano a dire inshallah e hai il sospetto che in fondo tutti sapessero già come sarebbe andata a finire. Infatti stamattina Mr Salah, del caotico e polveroso ufficio di navigazione, ci dice che la piccola nave ha ripreso a funzionare. Domani caricheremo le moto sulla chiatta da trasporto e noi ci imbarcheremo mercoledì per fare il dannato attraversamento di 350 km sul lago Nasser, unico valico che collega l’emisfero Nord dell’Africa Orientale, con quello Sud. Una delle assurdità di queste regioni remote. Siamo sollevati. In ufficio conosciamo una coppia neozelandese su una patinatissima Land Rover arancione che traghetterà con noi, anche loro con meta Cape Town. Unico dettaglio, arriveranno a luglio!!! Ieri ad Abu Simbel abbiamo conosciuto un tedesco su una Honda Africa Twin che arrivava dalla Namibia. Era partito nove mesi fa! Insomma, tutti si stupiscono quando diciamo che il nostro progetto prevede di metterci più o meno un mese per arrivare in Sud Africa.
Ci assale all’improvviso il dubbio che stiamo facendo una cazzata…
BACK ON TRACK!
20 marzo 2012
Tutto sommato lo scherzetto del traghetto arenato per un inchino troppo audace ad Abu Simbel, ci ha fatto perdere solo un paio di giorni sulla tabella di marcia, visto che eravamo abbastanza in anticipo grazie alle nostre tirate in Tunisia, Libia ed Egitto. Questa mattina abbiamo caricato le moto sulla dannata chiatta. Erano le uniche moto, insieme ad una Land Rover di due neozelandesi. Noi le seguiremo domani su una barchetta da dieci cabine che, se non la condividessi con il virile Maestri, potrebbe anche rivelarsi romantica.
Pensando alle moto in viaggio sotto il sole rovente del Lago Nasser, spero che il bombolone dei libici non esploda per il caldo. Cos’è, direte voi? Dovete sapere che il famoso bombolone e’ un boccione da 6 litri di benza che ci hanno regalato i ribelli libici e che usiamo nelle tratte di deserto come ulteriore riserva di sicurezza. Attualmente e’ legato sul parafango posteriore dell’Harley e secondo me, essendo libico, non vede l’ora di scoppiare.
Ieri sera abbiamo cenato con una viaggiatrice, una signora italiana che lavora in Africa come osservatrice ONU e EU da moltissimi anni, Serena Alborghetti, che ci ha raccontato delle sue esperienze di viaggio tra deserti ed avventure. Tra l’altro aveva anche letto Scheggia! Ero veramente onorato: del resto questi incontri sono piccoli gioielli nel corso dei nostri viaggi overland. Speriamo di averne ancora. Per il momento domani sera ci toccano i due Kiwi neozeladesi.
SUL BATTELLO
21 marzo 2012
Sono coricato nella cuccetta di prima classe del battello. La cabina sembra non essere mai stata lavata da quando è stata costruita la nave.
E’ destino che l’egitto non ci voglia lasciar partire, infatti c’è un piccolo problema: il Maestri è rimasto a terra CAZZO!
Al controllo passaporti è saltato fuori che mancava un dannato bollino adesivo che avremmo dovuto comprare in banca o in qualche altro stramaledetto ufficio. Solo che ce lo siamo dimenticato. E’ poco più di una tassa governativa, che però è essenziale per uscire dallo stato.
Direte perchè io ce l’ho? Per pura fortuna, l’omino della dogana ne aveva uno che gli avanzava e l’ha applicato casualmente sul mio passaporto.
Come fare? Abbiamo assoldato un omino che è partito ed è andato chissà dove a comprare il dannato talloncino. Mentre aspetto che l’omino ritorni, ho studiato un possibile trucco alternativo per il Maestri. Ho notato che i poliziotti non guardano altro che il timbro immigration (che tra l’altro è l’unico che capiscono), allora ho pensato che posso scendere dalla nave e dare il mio passaporto al Maestri, con il quale lui può entrare. Al limite glielo posso far portare da uno dei ragazzi sudafricani che stanno attraversando l’Africa in bici: sono squilibrati abbastanza per farlo, secondo me.
DUE ORE DOPO
CAZZO, se il ferry parte senza il Maestri è un disastro, perche il prossimo non parte che tra una settimana. Non voglio neanche pensarci.
Poi, mentre sono immerso in queste considerazioni, qualcuno bussa alla porta della cabina.
Alzo gli occhi e vedo il mio amico sorridente che fa capolino.
- Bella cabina di merda – sono state le sue prime parole.
E in quel momento ho sentito le ancore che si alzavano.
AFRICAN TWITTER
22 marzo 2012
Ok, sono su un battello strapieno di persone e bagagli, sparsi ovunque sui ponti.
Tra un centinaio di sudanesi che si preparano a passare la notte all’aperto, ci sono: una russa che attraversa l’Africa con i mezzi pubblici, due fratelli sudafricani che sembrano due stelle del cinema e che vanno a Cape Town in bici, un signore tedesco che e’ arrivato dal Cairo in treno e ha una bici graziella pieghevole, la coppia neozelandese ipertecnologica con la Land Rover arancione e noi due in moto.
L’aria della notte e’ ancora tiepida. Sopra di noi il cielo buio e’ bucherellato di stelle, e questa assurda nave sta attraversando un lago formato dal Nilo, attorno al quale c’e’ solo deserto.
TRA WADI HALFA E DONGOLA
23 marzo 2012
La strada scorre liscia sotto le ruote verso Khartoum. Il motore della Harley mormora continuo e rassicurante. Attorno a me il deserto giallo ocra della Nubia passa imperturbabile senza curarsi di noi piccoli viandanti.
Respiro profondamente l’aria tiepida della notte del Sudan mentre la strada, sotto le stelle si potrebbe quasi intuire a fari spenti, tanto la notte è chiara e  trasparente. Il fanale del mio amico occhieggia nello specchietto retrovisore. Tra poco ci fermeremo per riposarci e mangiare qualcosa. Già pregusto il tepore del mio sacco a pelo dove poter dormire qualche ora.
Le beghe burocratiche e le lunghe attese per riavere la moto sono già solo un ricordo. Sento una profonda gioia dentro di me, mentre accelero leggermente per superare un villaggio semiaddormentato.
Quale sarà la magia che mi rende felice quando sono seduto in sella a questa vecchia moto che conosce le strade del mondo?
Chiedi all’asfalto, vecchio mio. Chiedi all’asfalto.
700 KM DA FARE
24 marzo 2012
Sulla camionabile per Khartoum, 700 km da fare. Siamo a meta’ strada. Ci fermiamo per bere.
Ci sono 39 gradi nel deserto della Nubia. Non mi lavo da 4 giorni e da ieri ho messo in pancia solo una scatoletta di tonno.
25 marzo 2012
SUDAN CENTRALE
Ieri sera ci siamo regalati una notte in un VERO Hotel a Karthoum, cosa che ha parzialmente compensato il fatto che la capitale del Sudan, fa cagare.
Oggi, lasciata la caotica e bollente Khartoum, siamo sulla strada verso Gedaref in direzione dell Etiopia.
Caldo pazzesco, panorami piatti e desolanti. Ogni tanto un pastorello con qualche pecora o magrissime vacche. Ci fermiamo a bere acqua in un luogo di sosta. Penso ai ragazzi sudafricani che se la vogliono fare in bici! La gente sta ferma e aspetta. Nessuno sembra davvero lavorare. Un paese immenso allo sbando. Anche le Nazioni Unite sono state mandate via dal governo filoarabo del Sudan.
Alla base di tutto c’è sempre un problema razziale e religioso perche il Darfur, a differenza del Nord del Sudan, è abitato da neri non islamici e per questo lo stato lo ha praticamente abbandonato dai tempi delle carestie negli anni ’90.
Le nostre moto sono qui fuori sotto il solleone. Forse si meriterebbero anche loro qualcosa di fresco.
ETIOPIA!
26 marzo 2012
Siamo in Etiopia.
Oggi 530 km, dal Sudan bollente al fresco altipiano etiope.
Siamo improvvisamente saliti quasi a duemila metri sulle rive del Lago Tana da cui parte uno dei due rami del nilo. Strada bellissima, tra colline e scorci stupendi di Africa già verde e ricca. Se fosse in Italia potrebbe essere il Chianti. Stasera provo a vedere se hanno la chianina…
ADDIS ABEBA
27 marzo 2012
Siamo ad Addis Abeba! Ma ce la siamo guadagnata ragazzi. Siamo passati da 2300 metri di quota a 3100 metri per poi piombare giù di 1000 metri in un canyon che manco in Utah e a risalire a 2300 che è la quota di Addis Abeba.
La strada è stata bella, poi brutta, poi sterrata, poi liscia insomma, un esame di tecnica di guida che abbiamo dovuto passare alla grande.
Poi tesina sulle bestie sulla strada: l’asino sta fermo, la pecora scarta, la mucca non cambia direzione. Sembrano cavolate, ma è il vademecum di chi viaggia in Africa.
Pericolo anche per i bimbi che si tuffano sotto le ruote solo per salutarti. Rischio enorme. Ma l’Etiopia è tutta una scoperta. Uomini dignitosi col bastone e donne con l’ombrello, perchè qui un po’ c’è un sole che spacca e un po’ piove! Dopo 523 km di scenari stupendi, oggi, quanti sorrisi avremo incrociato?
Ooggi mentre scendevo una strada ripidissima nel Canyon e la moto fava fatica a stare in strada per le carreggiate dei camion, a 40 gradi sotto il sole, maledicevo la sfortuna. Poi ho incrociato due vecchiette stracariche di legna. Solo che loro salivano.
Mi sono sentito veramente un fighetto.
IL RISTORANTE ITALIANO DI ADDIS ABEBA
27 marzo 2012
Arrivati al ristorante “Castelli” al centro di Addis Abeba. Ci abbiamo messo mezz’ora a piedi, smoccolando. Ecco cosa capita se è un etiope a dirvi che “a piedi si arriva in due minuti”. Cavolo, l’avevamo chiesto ad Abebe Bikila!
Il proprietario è un vecchio Italiano dalla faccia di cazzo, assiso alla cassa come un  colonialista degli anni 50 che controlla i suoi ascari. Cerchiamo di fare i simpatici ma il tipo non cede.
Poi si spiega tutto quando dico che sono nato ad Alessandria: lui è di Tortona….
SIAMO A DILLA
28 marzo 2012
Siamo a Dilla, in Etiopia, a metà strada tra Addis Abeba e il Kenya.
Abbiamo fatto 400 km nella parte bassa dell’altopiano etiope. Fa molto caldo e i lineamenti delle persone iniziano a diventare più tipici dell’Africa nera. La strada punta a Sud ma preferiamo fermarci perchè i quasi 7000 km che abbiamo nelle gomme, iniziano a farsi sentire.
Domani faremo dogana e entreremo in Kenya per affrontare il famigerato tratto da Moyale a Isiolo. Le gomme vanno bene, tengono anche quando becchiamo qualche acquazzone.
Ho pulito più volte il filtro d’aria, ho fissato bene le borse e verificato leve, bulloni e scarichi.
Ho fatto un rabbocco d’olio: la Bombolona viaggia senza particolari problemi ma onestamente non so in Kenya come reagirà: pesante, bassa e carica. Per di più al caldo equatoriale.
So solo che ce la metteremo tutta.
TEMPORALE A DILLA
28 marzo 2012
Mentre scrivo si è scatenato un temporale. Le nuvole nere lasciano però spazio ai raggi di sole che stanno scendendo sull’orizzonte.
Gocce grosse, pesanti, che alzano la polvere rossa quando toccano terra. Un odore forte di pioggia entra nella mia camera. Ho appena fatto una doccia e respiro il profumo del temporale.
Sul tavolino nella veranda ci sono due birre fredde. “God bless the rain that come in Africa”, dicevano i Toto.
MOYALE, KENYA
29 marzo 2012
L’Etiopia, prima di lasciarci andare, ci ha fatto arrampicare su un ultimo passo a 2600 mt. Poi giù tra foreste fitte di ananas e manghi per entrare nella savana tra Etiopia e Kenya. Una bellissima antilope (credo) grigia e dalle bellissime corna, mi ha attraversato la strada scomparendo nel buio.
Che meraviglia. Erano le due, ora italiana: ho pensato che attaccato a quel manubrio sono partito da casa e sono arrivato in un posto dove ci sono le antilopi.
Grazie, vecchia Harley!
MARSABIT, KENYA
31 marzo 2012
Si capiva dalla mattina che sarebbe stato impegnativo.
Ci svegliamo con le urla del muezzin alle 5 e Andrea trova un paio di scarafaggi nella giacca.
Moyale è veramente un posto di merda, pieno di grilli, sabbia, gente che gira armata e problemi di ogni genere: razziali, tribali, religiosi (tra mussulmani e cattolici) e rifugiati che arrivano dalla Somalia che da qui dista un paio di centinaia di km.
Noi ci apprestiamo a partire per arrivare a Marsabit: 250 km di inferno di pietre, sassi, carreggiate di camion e tole ondulee. E’ l’unico collegamento tra Etiopia e Kenya e di fatto un passaggio obbligato per chi compie la Transafrica.
I camion partono alle 9. Visto che c’è rischio di assalti lungo la strada, decidiamo di anticiparli.
Non si può stargli dietro perchè sono molto più veloci delle moto. Partiamo alle prime luci senza colazione, e dopo 20 km foro una gomma. Non ho visto una striscia chiodata della polizia. Io e Andrea ci guardiamo, la mia enorme gomma tassellata è già a terra. Ho un attimo di terrore: non siamo nelle condizioni ideali per cambiare una bestia di pneumatico come quallo della mia Harley che monta gomme tassellate che sembrano dei carriarmati, ma accettiamo questa sfida e alla fine in mezz’ora sostituiamo la camera d’aria con quella di riserva. Poi rigonfiamo. Avevo tutto con me per fortuna, comprese leve, pompa e ovviamente la camera d’aria.
Sono distrutto, accaldatissimo. Sporco e pieno di grasso. E abbiamo perso mezz’ora. Fa già un caldo assurdo.
Ripartiamo e la pista è sempre peggio, il tole ondulee ci massacra la schiena e le moto.
Ma qualcosa non va.
Sto consumando tantissimo e un ennesimo salto fa volare via il bombolone dei libici che mi portavo dietro con i miei 6 litri di benza. Mi fermo e corro da lui (ormai eravamo quasi amici) ma il bombolone si è spaccato e la preziosa benza si disperde nella maledetta polvere della pista. Addio riserva.
Dopo 60 km mi fermo ancora. Mi sento frenato, pieghiamo l’harley e la ruota anteriore è effettivamente bloccata. Abbiamo fatto casino nel rimontaggio della gomma. Smonto le due pinze dei freni a disco e scopriamo che quella di sinistra sta lavorando frenata.
Non c’è tempo per riparare e parto con le pinze smontate e attaccate al telaio col nastro americano. La moto non frena davanti ma gira libera. Poi resta quello posteriore e per i 30 all’ora che facciamo è più che sufficiente. La moto riprende un consumo accettabile ma 250 km sono lunghi e non abbiamo riserva. Dopo metà la pista peggiora nettamente. Sassi e tole: un connubio distruggi moto.  La mia harley saltella qua e là prendendo botte da sassi e buche.
Incontriamo struzzi, piccole antilopi e cammelli, ma non ci facciamo molto caso.
Siamo molto provati e le braccia e la schiena lavorano incessantemente per correggere la direzione che la ruota cerca di prendere di testa sua. Ogni tanto ci sorpassa un camion che corre a 90 all’ora alzando polverone, e carico di africani che salutano.
Cadiamo spesso e ci aiutiamo a tirar su le nostre pesanti moto.
Ma dopo sei o sette ore perdo Andrea che è davanti a me di circa un km: non lo vedo più. Ovviamente in quel momento cado cercando di cambiare corsia: sono solchi profondi circa mezzo metro. L’harley finisce con le ruote per aria e infossata in una carreggiata profonda.
Non posso muoverla. Sudo. Ci sono 40 gradi, sono a metà del tragitto.
Onestamente il fatto che qualcuno possa assalirmi è l’ultimo dei miei problemi. Non riesco ad alzare la moto e Andrea non c’è: quello è il mio problema, non i kalasnikov.
Per fortuna arriva un camion di africani vocianti che mi aiutano.
Riparto e un paio di km dopo vedo che anche Andrea era caduto: non riesce neanche lui ad alzare la moto e mi stava aspettando! Gli si è rotta una borsa ed era bloccato. Se non ci fossero stati i camion eravamo finiti.
Riprende l’inferno.
Soffriremo ancora per un bel po’ di ore e solo verso sera arriviamo a Marsabit, che ci sembra Hollywood dopo questa giornata. Serata dedicata alle riparazioni, e poi a dormire. Domani si riprende, ragazzi; nel nord del Kenya le strade non ci sono!
ISIOLO, KENYA
1 aprile 2012
Ci siamo svegliati stamattina a Marsabit, dopo essere praticamente svenuti dalla fatica ieri sera.
Quando ho aperto gli occhi ho detto: no, oggi ancora sterrato. La nausea mi ha preso. Avevo ancora male alle spalle e ai polsi. Ci aspettano un altro bel 150 km esattamente come ieri. Facciamo colazione senza parlare e si va.
Ieri sera ho fatto funzionare uno dei due freni anteriori così per lo meno ce l’ho. Riusciamo a sbagliare strada uscendo dal paese ma recuperiamo.
Il pistone è variamente infernale, ma ci pare di saperlo gestire un po’ meglio come un cavallo imbizzarrito al quale si dà di frusta.
Scelgo le scie laterali per evitare le interminabili corrugazioni, evito pietroni e buche, ma la fatica ci attanaglia le braccia e la schiena.
Questo fuori strada è un po’ più tecnico di quello di ieri, che era puro spaccamoto da affrontare andando piano e stop. Per fortuna qui c’è la sabbia e io mi ci infilo con sommo godimento! Prima di tutto, dove c’è sabbia non c’è tole ondulee e per me andrebbe già bene così. Poi i gommoni dell’harley con i tasselli, mordono alla grande. La coppia bassa e progressiva in terza mi tira fuori da ogni sabbione e correggendo appena con l’anteriore volo con quel bestione incredibile, manco avessi un Paris-Dakar!
La sabbia non è profondissima quindi si va davvero bene. Mi stacco spesso dal pistone principale seguendo piste e varianti semisabbiose che costeggiano il tracciato. Scimmiette e struzzi ci guardano indifferenti.
Il paesaggio è quello del Re Leone con rocce imponenti che si stagliano dalla savana gialla e verde. Cartello: pericolo. Attraversamento elefanti! Ci fermiamo spesso a parlare con ragazzi Samburu che si fanno fotografare per qualche spicciolo. Sono bellissimi nei loro ornamenti colorati.
Tutti ci chiamano per salutarci. Ad un certo punto ci fermiamo perchè due ragazzini gridano water water. Ho solo una bottiglia e ancora 70 km di sterro da fare, ma gliela regalo. La bevono avidamente. Continuiamo tra pezzi piacevoli scivolando sulla sabbia e tratti infernali spacca moto (anche se sembra che dopo ieri la moto abbia preso il ritmo giusto). Andrea è meno agile a causa della stazza della BMW GS adventure e smoccola sul tole ondulee invece di tuffarsi nei sabbioni. Per il prossimo viaggio, moto più idonea per lui! Magari un vecchio GS.
Insomma, guadagnandoci ogni km, metro dopo metro, ad un certo punto, vedo un tratto grigio, liscio e piatto davanti a me.
Non è un miraggio, è vero. E’ la nuova strada che i cinesi stanno costruendo per collegare lo sventurato Nord del Kenya col resto del paese. Ci saliamo su. Quell’asfalto è così liscio che non ci vogliamo ancora credere.
Ce l’abbiamo fatta. Isiolo è all’orizzonte. Abbiamo attraversato quella che tutti gli overlanders concordano nel definire la peggiore strada del mondo. E che tra qualche anno sarà asfaltata.
NAIROBI, KENYA
2 aprile 2012
Tappa breve, 300 km per raggiungere Nairobi, capitale del Kenya. Alle 8 del mattino decido di sistemare la moto che, dopo le vicissitudini dello sterrato e della foratura, stava vibrando parecchio. Dovevo capire perchè: ci restano ancora seimila km, e l’idea di farli su un frullatore non è il massimo. All’inizio mi sembra tutto ok ma poi la folgorazione: ho montato la ruota con verso  contrario a quello di marcia e per di più il pneumatico non era tallonato  (ovvio, l’avevo gonfiato con la pompetta a mano), il che spiegava anche perchè la pinza sinistra frenava la ruota. Aiutato da un paio di ragazzi del posto smonto la ruota, la rimonto giusta, la sgonfio e con un compressore da camion la facciamo tallonare. Poi passo alla pinza che però ha lo stantuffo tutto fuori e non ne vuol sapere di rientrare. La vite di spurgo è incriccata. Le provo tutte. Ancora una volta mi colpiscono la capacità e l’inventiva dei meccanici africani che compensano la mancanza di attrezzi con l’intelligenza e l’abilità. Ma neanche loro hanno la meglio sulla bastardissima vite di spurgo del freno dell’harley. Pazienza, arriverò in fondo con un freno solo. Del resto ho già solo un ammortizzatore, quindi pareva brutto avere tutti i freni, no?
Dopo un paio d’ore di strada sotto il Mount Kenya passiamo l’Equatore, precisamente indicato da un cartello, ove un omino ci fa vedere il famoso giochetto del vortice nella bacinella d’acqua che cambia verso di rotazione a distanza di dieci metri a seconda che si sia in un emisfero o nell’altro.
In serata arriviamo a Jungle Junction, a Nairobi: luogo mitico dove gli overlanders di tutto il mondo si incontrano, fanno tappa e si rilassano. Un incrocio tra chi va a Nord e va a Sud attraverso l’Africa. Incontriamo una coppia di giovani svizzeri in Toyota in giro da 3 anni, due francesi sui 60 che lasciano qui la loro auto e la riprenderanno quest’inverno. Alcuni di loro, infatti, lasciano qui la macchina o la moto per riprendere il viaggio l’anno dopo. La villa ha un bellissimo giardino dove sono allineate jeep e moto che hanno fatto davvero strada e vedere le nostre moto qui vicine a queste Land o Toyota super attrezzate ci emoziona. Tutti ci chiedono di dove siamo e come siamo arrivati e siamo orgogliosi di dire che ci siamo anche noi, ragazzi, e quando parliamo di Libia, Sudan e Moyale, con la harley, tutti sono stupiti.
Anche se a guardarci, in effetti, siamo quelli messi peggio…
Ci accingiamo a goderci la serata con questo nuovi amici e vi saluto. Termino il mail informandovi che ci hanno infilato a tradimento un giapponese in camera. Passo e chiudo.
KOROGWE, TANZANIA
3 aprile 2012
Siamo a Korogwe, Tanzania.
Lottiamo con le grandi piogge dell’Africa equatoriale. Oggi attraversiamo uno dei grandi parchi africani. Con la moto!!!
MBEYA, TANZANIA
4 aprile 2012
Oggi  400 km sotto acquazzoni fortissimi e sprazzi di sole. Il panorama sarebbe anche stato ok, ma ero troppo impegnato a cercare di non affogare. Faceva anche freddo visto che le Southern Highlands della Tanzania sono a una bella quota, attorno ai 1600 mt o più. Sono piuttosto depresso in effetti: ci aspettano tre tappe di avvicinamento per arrivare alle cascate Victoria e l’idea di farle con la pioggia non mi sorride molto. Per di più ho strappato i pantaloni impermeabili e la visiera antiacqua ha un preziosissimo automatico rotto. Comunque, speriamo che lo Zambia sia meno piovoso della Tanzania. Vi lascio con una considerazione: le ragazze  tanzanesi, cicciotte e paciose, sono meno belle delle seduttive kenyane e delle incredibili etiopi, quest’ultime restano le nostre preferite. Qui la bellezza nera ti prende nel profondo…
MPIKA, ZAMBIA
5 aprile 2012
E all’improvviso arriva lo Zambia a dare una spinta al viaggio! Dopo gli ultimi giorni di pioggia che ci avevano depresso un po’, ci si apre davanti lo Zambia. Cielo come l’Arizona, azzurro fortissimo, nuvole bianche sull’orizzonte, una strada di asfalto grezzo e bianco che sembra la Route66 e talvolta rossa dalle buche e nello sterrato dall’inconfondibile colore dell’Africa che taglia per 500 km una foresta sconfinata e lussureggiante. Lo Zambia è solo natura incontaminata, verde e profonda, con pianure ricoperte di erba altissima che ondeggia al vento.
Il motore dell’harley mormora tranquillo sulla strada deserta. Per ore non incontriamo nessuno. Non ci sono pompe di carburante e chiediamo qualche litro in un villaggio. Un pezzo di pane è il nostro pranzo e ci sembra ottimo. Il viaggio continua e il nostro cuore batte ogni giorno più forte mentre corriamo verso Sud.
AFRICAN TWITTER
5 aprile 2012
Un buon posto dove dormire, una gran bella giornata di sole e una strada magnifica. Tutto quello che serve ad un motociclista.
LUSAKA, ZAMBIA
7 aprile 2012
Siamo a Lusaka, Zambia. Invece di essere una capitale caotica, si guida bene ed è ordinatissima. Gli zambiani sono molto amichevoli e vogliono interagire. Forse un po’ troppo: 1 su 7 è sieropositivo. Un dramma nazionale qui. Con il botswana ha il massimo del contagio. La temperatura è scesa sui 20 gradi. Siamo a Sud.
VERSO LIVINGSTONE
7 aprile 2012
Oggi sono stanco. Faccio fatica a viaggiare. Ancora 200 km per arrivare a Livingstone e vedere le cascate Victoria. Sono fermo per un caffè nelle campagne zambiane…
LIVINGSTONE, ZAMBIA
8 aprile 2012
Siamo a Livingstone, Zambia. Città tranquilla e ordinata che vive delle clamorose Victoria Falls. La visita è di grande effetto e ci bagnamo come pulcini per la pioggia provocata dalla massa d’acqua. Lo spettacolo dello Zambesi in piena che salta per 150 metri, è pazzesco. Sul ponte del bunjee jumping, che sovrasta le cascate e  collega Zambia e Zimbabwe, si ferma il treno coloniale 5 stelle con camerieri neri in guanti bianchi e sahariana. Passeggeri che sorseggiano vino bianco e fanno qualche foto distrattamente. Ci salgo e per un attimo mi sembra di essere Agatha Christie o Meryl Streep. Poi mi scacciano e il treno riparte. Attraverso la giungla scendiamo fino al boiling pot, a valle delle cascate, dove lo Zambesi forma un gorgo enorme. Tutto è permeato di acqua, umidità, calore, verde, insetti. Gli abiti ti si incollano addosso e i piedi sguazzano dentro i camperos.
CENA A LIVINGSTONE
8 aprile 2012
Durante la cena arriva un gruppo che si accompagna con nere alte e vistose. In Italia sarebbero escort, qui si chiamano con nomi più tradizionali. Gli uomini sono italiani del luogo. Ci si avvicinano attratti delle targhe italiane delle moto. Indovina? Hanno un ristorante a Lusaka. Decliniamo l’invito. Domani Namibia.
BOTSWANA, CHOBE PARK
9 aprile 2012
Ogni tanto è bello mollare le moto e farsi scarrozzare in Land Rover. Passiamo il confine tra Zambia e  Botswana (con una chiatta: brividi pensando ad Assuan) e siamo nel paradiso degli elefanti: il fiume Chobe, affluente dello Zambesi. Vediamo elefanti, bufali e ippopotami. Un bella visita su barca e fuoristrada. Ci sono un po’ di ragazze con noi, packpackers e gente che lavora a Lusaka per organizzazioni internazionali. Questo angolo tra Zambia, Botswana e Zimbabwe è unico.
DIVUNDU, NAMIBIA
10 aprile 2012
Siamo a Divundu, Namibia. Questa parte della Namibia è noiosissima. Strada dritta nella foresta e nelle praterie. Facciamo anche dogana tra Zambia e Namibia anche se è finalmente veloce e civile. Arriviamo sfiniti sul fiume Okavango. Qui è grosso e pieno, si disperderà nel giro di un centinaio di km, nel deserto del Kalahari formando il famoso delta dell Okavango. Rassegnati a dormire nel solito posto da barboni, troviamo invece un lodge sul fiume veramente stupendo. Sorseggiamo vino bianco sul fiume davanti al tramonto con i bramiti degli ippopotami. Abbiamo una tenda di lusso a palafitta, sul fiume, con zanzariere e bagno privato. Francis Macomber non avrebbe avuto nulla da dire… E neanche sua moglie.
SESRIEM, NAMIBIA
12 aprile 2012
Siamo a Sesriem, Namibia. In fondo alla Namibia, reduci da 500 km di sterro. Viste dune rose di sossuvlei che abbiamo dovuto guadagnarci, una botta di sterrato da 500 km ma che spettacolo. Ieri tramondo sulla duna pi alta e antico 350 metri. La Namibia ha solo una stradona che l attraverssa, il resto sono lsolo sterratoni . Come questo. A 50 km dalle dune più antiche del mondo, ci aspetta un lodge che per fortuna è davvero confortevole. Vento contrario, prateria con l’erba piegata, un incrocio tra l’Africa e il Sud Dakota.
GRUNAU, NAMIBIA
13 aprile 2012
Questa mattina, dal deserto delle dune, per ritornare sullo stradone principale che taglia in due la Namibia da Nord a Sud, ci siamo dovuti fare altri 200 km di sterrato. In realtà è uno sterrato veloce solo lievemente interrotto da qualche lieve corrugazione. Con l’harley tengo i 90 all’ora. In effetti sto prendendo qualche rischio, ma dopo una mezz’ora capisco che la strada non dovrebbe nascondere insidie. Si vede che i namibiani preferiscono tenere le strade secondarie sterrate, ma le curano abbastanza. I tassellati della moto mi danno sicurezza e controllo bene il bestione da 400 kg. E’ una sensazione incredibile: volare su una nuvola di polvere bianca nella brughiera della Namibia meridionale, in mezzo al nulla, alle sette e mezza di una mattina illuminata dal sole e battuta dal vento. L’erba si piega soffice mentre il vento forte l’accarezza da Nord-Ovest.
Monti neri e lunari si stagliano all’orizzonte. Mi sembra di essere il tenente Drogo che raggiuge con grandi aspettative la sua remota destinazione, la Fortezza Bastiani del Deserto dei tartari, di Dino Buzzati. E in tutta questa solitudine immagino che, sulle creste lontane, compaia all’improvviso l’esercito nemico. Ma non capita nulla, tutto si ripete immutabile come da millenni, qui nelle praterie del Sud della Namibia. C’è solo il rombo di due moto che passano veloci. Giusto un attimo. Poi tutto torna come prima.
Abbiamo trovato alloggio in una vecchia abitazione del 1912. Inconfondibile stile bavarese in Africa del Sud. Nella prateria, vecchi letti austeri, foto in bianco e nero di coppie tedesche emigrate qui cento anni fa che hanno costruito questa casa per viverci e difendersi. Penso alle donne che cercavano di ricreare le atmosfere della patria lontana con una tovaglia, magari una pietanza fatta con i vecchi sapori. Gente che è partita e sicuramente non è più  ritornata in Europa.  Aspettiamo la cena. Agnello e manzo. La carne non manca in Namibia. Cenerò pensando a chi un secolo fa sedeva a questo tavolo con il fucile vicino alla sedia.
14 aprile 2012
CAPE TOWN
Viaggio finito, ragazzi. Mi sono chiesto più volte cosa avrei scritto una votla raggiunta la meta ed ora, quello che ho in testa, è solo una frase: sono arrivato.
Dietro la ruota posteriore della mia harley è passata tutta l’Africa. Da Nord a Sud. Tutto il viaggio è lì, nella mia testa, burrascoso di ricordi ancora disomogenei. Ci sono sensazioni, più che altro. Attimi. Istanti. Quando qualcosa si affaccia alla mente, tutto ricomincia e mi sembra di rivivere ogni chilometro, ogni buca, ogni villaggio che abbiamo attraversato, ogni saluto delle persone che ci vedevano passare, ogni pollice alzato, ogni controllo della polizia, ogni dogana. Ogni mattina fresca o già rovente in cui ho schiacciato lo starter e ho pensato, forza, un altro giorno, forza, non mollare, e via verso Sud. Ed ora sono arrivato.
Mi sento svuotato ma anche più ricco: la nostra missione è finita, ma ci sono così tante nuove cose dentro di me che riemergeranno poco per volta nei prossimi giorni.
Così in questo momento non riesco a pensare ad altro: sono a Cape Town, ragazzi, la mia vecchia harley mi ha portato lontano da casa come più non potrei essere, ma il cuore è già pronto ad un nuovo sogno.
14770 km, un mese e cinque giorni e tutto ok, per fortuna. La moto ce l’ha fatta con qualche piccolo guasto: un ammortizzatore della forcella, una ganascia del freno anteriore, qualche piccola noia all’interruttore dello starter, una foratura. Bazzecole. Ci farei la firma per i prossimi viaggi. La mia harley mi porta sempre a casa ed anche questa volta ce l’ha fatta.
Sotto una stellata pazzesca mi rendo conto che queste stelle non si vedono nel nostro emisfero.
All’improvviso mi ricordo dello scopo scientifico di questo viaggio: effettuare una verifica sperimentale molto particolare. Siamo a testa in giù e l’harley funziona perfettamente lo stesso. L’esperimento è riuscito. Possiamo tornare a casa.



ED ORA ANCORA UN PO’ DI FOTO

Kenya, Moyale – Marsabit
Egitto, deserto nubiano, senza benzina per centinaia di km

Namibia, sul fiume Okavango, zona malarica
Foratura sul tratto Moyale Marsabit, Kenya del nord. Zona infestata dai banditi. Luogo ideale per forare…
Caduta sul tratto moyale marsabit, Kenya. Il camion mi aiuterà a tirar su la moto
Tratto peggiore , nord del Kenya.
Isiolo, Kenya
Ragazzi Samburo, a sud di Marsabit, Kenya
Dopo 500 km di sterrato, ricomincia l’asfalto, presso Isiolo, Kenya
Equatore, a nord di Nairobi, Kenya
Sudan
Cabine di prima classe, sul battello tra Aswan e Wadi Halfa (sul lago Nasser tra Egitto e Sudan)
Io, il Maestri e i fratelli Beukes, sudafricani, che attraversano l’africa in bici.
Sudan, sosta in una baracca sulla strada. Ma hanno l’acqua!!
Dongola, nord del sudan. Cena a base di fagioli
Wadi Halfa, Sudan: mi hanno ridato la moto!!!! sdoganata dal traghetto due minuti prima.
Wadi halfa
Namibia, verso Sossusvlei
Highway con facoceri. Namibia centrale
Fiume Okavango, Namibia, nel Caprivi
Namibia, nell’esterno della tenda del lodge Nunda, sul fiume okavango
Namibia centrale

Namibia, dune di sossulvlei

Namibia, da qualche parte nel sud
Namibia, fine dello sterrato, a sud di Windoek
Tanzania, parco Mikuno
Nairobi, Jungle Junction. Kenya
Etiopia, nord di Addis abeba
Libia, check point, con mitragliatrice
Zambia, victoria falls
Confine tra Kenya – Tanzania
Nord della Tanzania, popolazione sotto il Kilimanjaro
Tanzania centrale
Namibia, dune di sossusvlei al tramonto
Namibia, sossusvlei
Etiopia, bambinetti piuttosto molesti….
Etiopia del nord
Egitto, Cairo: due improvvisati calzolai mi ricuciono la borsa dopo essere stato investito da un carretto trainato da un cavallo.
Non sono riuscito a dargli neanche un euro per ringraziarli: “avevi ragione tu, noi egiziani amiamo l’Italia e vogliamo rimediare al danno che ti ha fatto il carretto”…
Cairo, piramidi
Sudan centrale
Libia, entusiasmo al check point di SIRTE
Libia, cio che resta dei carri armati di gheddafi. Tra Sirte – Misurata
Zambia, cascate vittoria
Namibia, verso sossusvlei
Arrivati a città del capo, RSA
Una mappa delle afriche in guerra, molto interessante










Fonti:
http://www.threepercenters.it/wp/?p=3905
http://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Parodi