In questi giorni c'è una mostra fotografica a Milano molto particolare che consiglio a tutti. Qui di seguito qualche informazione su Alex Webb e alcune foto.
La mostra raccoglie trent'anni di fotografiescattate ad Haiti, Caraibi, Messico, Etiopia, Costa Rica, Brasile ma anche in Russia e New England.Considero Webb un vero genio della fotografia, le sue immagini sembrano una combinazione di più foto tanto sono complesse.Lo sguardo può indugiare per ore su una fotografia di Webb, all'interno di una sua inquadratura succedono talmente tante cose da renderle ipnotiche, diventa difficile staccare lo sguardo o muoversi da una parte all'altra del frame.Alex Webb non è un fotografo che rientra facilmente in un genere, non è unfotogiornalista tradizionale, la sua è sìfotografia documentaria ma il suo punto di vista è talmente forte che forse la definizione di fotografia artistica è la più pertinente.Webb, come i fotogiornalisti, racconta spesso i luoghi delle tensioni sociopolitiche, ma a differenza dei fotogiornalisti classici non insegue la notizia, preferisce camminare. Sì, per Webb l'unico modo per fare esperienza di un luogo e comprenderne la realtà socio-culturale o estetica è camminare e camminare instancabilmente per le strade, perché è "dalla strada che nasce tutto".Webb porta l'approccio della street photography nel mondo, fuori dalle città tradizionali.Nel 1975, ad appena 23 anni, Webb sente di essere arrivato a un punto morto con la fotografia. Lavorava in bianco e nero; ma sentiva che le sue immagini non lo stavano portando a niente di nuovo. Gli capita per le mani il romanzo di Graham Greene, I commedianti, ambientato nel mondo turbolento dell’Haiti di Papa Doc e subito dopo parte per Port-au-Prince.Webb parla di questo viaggio come di un momento di profonda trasformazione per lui, come fotografo e come essere umano per l'intensità emotiva di Haiti esasperata dalla violenza della luce: "La luce infuocata e la potenza del colore sembravano in qualche modo impressi nelle culture con cui stavo lavorando: era un altro pianeta rispetto alla riservatezza grigio-marrone del New England, dov'ero cresciuto".
Da allora inizia un processo che lo porterà dal 1978 a fotografare solo a colori.
Il tema del "confine", del bordo, dell'indefinitezza, è una costante delle sue fotografie, dove spesso compaiono degli elementi che funzionano da linee divisorie di mondi paralleli che coabitano la stessa immagine per cui ogni fotografia racconta tante piccole storie.La maggior parte delle fotografie che siamo abituati a vedere ha un elemento a fuoco su un piano specifico che ne costituisce il fulcro,la potenza invece delle fotografie di Webb è la coesistenza di diversi fulcri su diversi piani focali per tutta la profondità di campo, per cui nelle sue immagini accade qualcosa in primo piano ma anche a metà e sullo sfondo.Webb si dichiara affascinato dalle aree di confine, le isole, i margini della società, i "luoghi caratterizzati da indefinitezza culturale e (spesso) politica, dove le culture si incontrano, a volte scontrandosi, a volte fondendosi".Alex Webb e Rebecca Norris Webb si aiutano nell'editing delle rispettive fotografie anche se l'ultima parola spetta al creatore dell'immagine perchè “Se non puoi fare l’editing delle tue foto allora non stai davvero esprimendo te stesso”, questo è un concetto molto interessante perché l'editing è parte integrante del lavoro, è con l'editing che si capisce veramente quello che si sta facendo, si creano connessioni fra le diverse immagini e ci si rende conto di cosa manca, cosa c'è, in che direzione si va, l'editing diventa quindi un momento meditativo e di approfondimento.La fotografia è una magia che nasce dall'incontro della soggettività del fotografo con l'oggettività della realtà, da questo incontro nasce una terza dimensione che vive della tensione tra la verità e l'immaginazione, una terza dimensione particolarmente straordinaria e sorprendente nelle fotografie di Alex Webb.
Da allora inizia un processo che lo porterà dal 1978 a fotografare solo a colori.
Il tema del "confine", del bordo, dell'indefinitezza, è una costante delle sue fotografie, dove spesso compaiono degli elementi che funzionano da linee divisorie di mondi paralleli che coabitano la stessa immagine per cui ogni fotografia racconta tante piccole storie.La maggior parte delle fotografie che siamo abituati a vedere ha un elemento a fuoco su un piano specifico che ne costituisce il fulcro,la potenza invece delle fotografie di Webb è la coesistenza di diversi fulcri su diversi piani focali per tutta la profondità di campo, per cui nelle sue immagini accade qualcosa in primo piano ma anche a metà e sullo sfondo.Webb si dichiara affascinato dalle aree di confine, le isole, i margini della società, i "luoghi caratterizzati da indefinitezza culturale e (spesso) politica, dove le culture si incontrano, a volte scontrandosi, a volte fondendosi".Alex Webb e Rebecca Norris Webb si aiutano nell'editing delle rispettive fotografie anche se l'ultima parola spetta al creatore dell'immagine perchè “Se non puoi fare l’editing delle tue foto allora non stai davvero esprimendo te stesso”, questo è un concetto molto interessante perché l'editing è parte integrante del lavoro, è con l'editing che si capisce veramente quello che si sta facendo, si creano connessioni fra le diverse immagini e ci si rende conto di cosa manca, cosa c'è, in che direzione si va, l'editing diventa quindi un momento meditativo e di approfondimento.La fotografia è una magia che nasce dall'incontro della soggettività del fotografo con l'oggettività della realtà, da questo incontro nasce una terza dimensione che vive della tensione tra la verità e l'immaginazione, una terza dimensione particolarmente straordinaria e sorprendente nelle fotografie di Alex Webb.
Fonti: www.vogue.it
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